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A KISS from Ducati MotoE

Andrea Ferraresi, responsabile del Centro Stile Ducati, con la MotoE
Andrea Ferraresi, responsabile del Centro Stile Ducati, con la sua MotoE (foto originali: Ducati)

Dialogo senza reticenze con il direttore del Centro Stile Ducati Andrea Ferraresi: uno che diceva “in Ducati odiamo il peso” e si è ritrovato a progettare una MotoE. Scoprendo che, con rigore e fantasia, si poteva tirar fuori “un Signor Pezzo”.

Il destino era segnato. Perché, come dice lui, “se sei di Modena è facile che ti piacciano i motori”, che sogni di diventare un ingegnere e, magari, di lavorare in pista. Riuscire a diventare Design Director del Centro Stile della Casa campione del mondo era meno scontato, ma – nel caso di Andrea Ferraresi – è andata proprio così: il suo team ha firmato alcune delle moto più desiderate degli ultimi anni e le soddisfazioni continuano ad arrivare. Ora, dal tetto del mondo ma senza tirarsela, Ferraresi parla con passione e abbondanza di dettagli di questa ulteriore sfida affrontata con il suo team: progettare una MotoE bella e potente… come una Ducati.

Allora: cosa prevede il “Manuale del buon progettista Ducati” per una moto elettrica?
“Il manuale del buon progettista Ducati è uno solo, sempre quello: prevede di applicare alcune regole trasversali, ma di tenere bene a mente la destinazione d’uso. Il Multistrada ha un profilo, un Monster ne ha un altro; la MotoE è una pura moto da corsa e ne ha uno completamente diverso. Al Centro Stile questa è stata la prima volta che abbiamo disegnato un prototipo. Una grossa novità rispetto alle altre esperienze: nel caso delle Superbike, per esempio, disegniamo i modelli di serie, e quei modelli successivamente vanno a correre, quindi lavoriamo in loop col Reparto Corse. Quando si inizia a progettare una Panigale V4, chiediamo al Reparto Corse alcune informazioni sull’aerodinamica e altre questioni specifiche, poi passiamo a disegnare la moto, e la disegniamo noi come Centro Stile, perché… deve essere bella, deve essere una Ducati! Ma poi torniamo da loro e lasciamo che verifichino il risultato”.

La Ducati MotoE e la Panigale a confronto
La Ducati MotoE e la Panigale a confronto (foto originali: Ducati)

In questo caso invece?
“Nel caso della MotoE, siamo partiti dalle richieste e dalle esigenze del Reparto Corse e le abbiamo importate fin dai primi sketch che abbiamo fatto. Nello specifico, parlando di stile, la principale esigenza era avere una bassa resistenza aerodinamica: per questo si è deciso, ad esempio, che la moto non avrebbe avuto le ali. Il pacchetto aerodinamico è stato studiato per minimizzare il Cx*S (Cx per S: Cx è il coefficiente aerodinamico nel senso di avanzamento della moto, S è l’area della superficie frontale), anche accettando di non avere la deportanza generata dalle ali. Posto l’obiettivo degli otto giri fissato da Dorna, la cosa più importante era ridurre la resistenza all’avanzamento. Quindi, per tornare all’inizio del nostro discorso, il “manuale del bravo progettista Ducati”, qualunque sia la moto che progetti, impone di adottare il vecchio principio del KISS: Keep It Simple and Stupid”.

Cioè bisogna sempre adottare la soluzione più lineare?
“Sai, quello che non c’è non pesa e non si rompe. Quindi tu devi fare una moto sempre essenziale, senza esercizi di stile, senza manierismi. Tanto i designer quanto gli ingegneri meccanici hanno sempre la voglia di metterci del loro, ma bisogna ricordarsi l’obiettivo e tenere presenti i valori Ducati”.

Andrea Ferraresi, responsabile del Centro Stile Ducati
Andrea Ferraresi, responsabile del Centro Stile Ducati (foto originali: Ducati)

Ricordiamo questi valori, dunque.
“Style, Sophistication, Performance and Trust. La questione più delicata è la “Sophistication”. Noi la intendiamo come “ricerca della soluzione”: non la prima, la più facile o la più economica, ma quella che mette d’accordo tutte le esigenze, quindi la più ricercata. Non ci piacciono i compromessi, puntiamo all’ottimo: per lo stile, per l’ingegneria, per l’aerodinamica. Quindi ok Sophistication, ma non farti prendere la mano: la soluzione deve essere furba e intelligente da tutti i punti di vista, senza aggiungere cose che non servono. E in una moto da corsa, questo è elevato al quadrato! Massima essenzialità e forme che seguono la funzione”.

Sulla MotoE, dunque, qual era la richiesta esatta rivolta al Centro Stile?
“Una moto veloce, con bassa resistenza aerodinamica, e bella il più possibile, perché per Ducati sarebbe stata uno strumento di comunicazione: iper-fotografata, iper-ripresa, sotto i riflettori fin dal primo giorno. Continuità nel design, moto riconoscibile come una superbike Ducati, e che riprendesse gli stilemi di una Panigale V4 e non di una MotoGP”.

In una tua precedente intervista dicevi che in Ducati odiate il peso. Quando vi hanno detto che dovevate progettare una moto da 220-230kg, cos’avete pensato?
“Beh! All’inizio abbiamo sperato che il gruppo di progettazione potesse stare sotto quella soglia, ma era difficile: se vuoi fare otto giri, la densità di energia della batteria è quella; se quando arrivi ai box vuoi ricaricare subito la moto, l’impianto di raffreddamento è quello… insomma, alla fine il peso era irriducibile. Quindi l’abbiamo presa come una supersfida: nel disegnare una Panigale V4 sei maniacale nella ricerca della leggerezza? E qua di più! Se il powertrain pesa tanto, quello che ci sta intorno dovrà pesare veramente poco. E non basta utilizzare carbonio, titanio e magnesio: servivano idee progettuali veramente smart”.

Gli studi aerodinamici CFD sono stati alla base del design della Ducati MotoE
Gli studi aerodinamici CFD sono stati alla base del design della Ducati MotoE (foto: Ducati)

Quali sono state le più smart?
“Direi usare il pacco batteria come fosse un telaio: quindi attaccarti al pacco batteria con questo mini-telaio frontale, attaccare al pacco batteria direttamente il motore e poi il forcellone. Diciamo che se non puoi far pesare meno il powertrain, puoi però usarlo dal punto di vista strutturale. E poi abbiamo cercato leggerezza dappertutto: il primo elemento a cui siamo andati a togliere peso è stato il pacco batteria, scegliendo di fare il contenitore in fibra di carbonio e poi facendone un elemento stressato e strutturale, per ottimizzare le performance strutturali e di peso. Inoltre, la sua forma permette di utilizzarlo come estrattore dell’aria dai radiatori, e di portare gli attacchi degli altri componenti del telaio e il motore. Alla fine, ne abbiamo fatto un elemento multiruolo, multifunzione. Siamo andati anche a complicarci la vita. Volevamo contemporaneamente: contenere il peso di questo pezzo, farlo lavorare al meglio dal punto di vista strutturale, e avere una moto con una sezione frontale contenuta. Quindi la batteria ha assunto una forma molto complessa, di certo non facile da andare a riempire con le singole celle. Alla fine, è venuto fuori un Signor Pezzo”.

E il sistema di raffreddamento?
“Altra sfida: studiato per andare a raffreddare ogni singola cella, è un sistema molto complicato in tutti e tre le direzioni. Forse è la parte più complicata di tutta la progettazione. Le batterie hanno una loro temperatura limite che va rispettata.”.

Infografica della batteria della Ducati MotoE
Infografica della batteria della Ducati MotoE (Disegno di @damn_dra, infografica di Epaddock)

Come avete coniugato aerodinamica, raffreddamento e curva di erogazione del motore?
“Dal punto di vista aerodinamico la moto aveva due esigenze: la ricerca del minimo coefficiente di penetrazione aerodinamico e un raffreddamento efficace. Fortunatamente siamo partiti molto bene: la moto ad un certo punto aveva da subito prestazioni estremamente buone per il raffreddamento; quindi, siamo riusciti a trovare un buon bilanciamento anche con la parte aerodinamica. Abbiamo fatto i soliti loop di progettazione come facciamo su tutti i nostri modelli, non solo quelli per la pista. Grazie al supporto di Ducati Corse facciamo studi aerodinamici estensivi su qualunque moto: da noi anche il Multistrada va in galleria del vento e fa le simulazioni in CFD (Computational Fluid Dynamics), in quel caso non alla ricerca della massima prestazione ma del massimo comfort del pilota e del passeggero. Nel caso della MotoE, noi avevamo realizzato i primi sketch perché la moto doveva essere cugina di una Panigale e di una Superbike Ducati, mentre Ducati Corse aveva le superfici ottimali in termini di coefficiente di penetrazione: abbiamo cercato di mettere insieme le due cose. Abbiamo lavorato tanto sui raggi, sulle tangenti di uscita delle superfici”.

Quel è il carattere stilistico della MotoE?
“È una Superbike Ducati. Avevamo in testa di fare una Ducati riconoscibile, perché le corse saranno la nostra porta di ingresso nel mondo dell’elettrico. La prima cosa che fai è quella che si ricordano tutti: quindi qui dovevamo offrire l’imprinting di una Ducati, riconoscibile, con il carattere delle nostre Superbike. Se guardi il frontale, ha l’impostazione con i due sopraccigli tipici delle nostre moto, il codino snello, appuntito, filante. Il codino è stata un’area in cui abbiamo avuto più libertà di altre perché influisce, certo, sull’aerodinamica, ma non quanto il cupolino o le carene laterali. Quindi lì eravamo un po’ più liberi e abbiamo fatto un codino da Superbike Ducati”.

Il frontale della Ducati MotoE e della Ducati Superbike a confronto
Il frontale della Ducati MotoE e della Ducati Superbike a confronto (foto: Ducati)

Ci sono degli elementi che caratterizzano una Ducati che qui si vanno a perdere per forza: il motore e lo scarico. Quali sono quelli che siete riusciti a mantenere?
“Sono quelli di base, abbiamo le nostre regole cinque o sei regole. Comunque, tutte le Ducati devono essere essenziali, compatte, riconoscibili, sportive e devono essere sensuali. La sensualità non è univoca, non c’è un solo modo per ottenerla, quando fai un Monster ha una certa sensualità, se fai un Diavel ne ha una diversa, se fai un prototipo da corsa come questo hai una “sensualità tecnica”. Sembra un controsenso ma non per un appassionato, in grado di trovare sensuale anche un forcellone fatto in un certo modo, o un telaio o un certo cupolino. Fortunatamente l’ergonomia racing degli ultimi anni aiuta in questa direzione; per assecondare il pilota nello stile di guida moderno, tutto buttato fuori, le forme del serbatoio diventano molto scultoree e sensuali, plasmate e muscolose. Questo ci dà una mano rispetto a qualche anno fa in cui i serbatoi erano più sferici e più semplici. Adesso sono veramente belli i serbatoi da corsa!”.

Spiegaci meglio.
“Beh, per noi designer è molto interessante che il serbatoio non sia più un vero serbatoio, ma una cover che diventa anche uno strumento aerodinamico: questo apre una delle opportunità più interessanti nel campo del design delle moto elettriche. La possibilità di offrire la moto in configurazione standard e adattare la cover del serbatoio al singolo cliente stampandola in 3D dopo aver fatto la scansione morfologica della persona, come si fa con le auto da corsa, è una prospettiva appassionante. E secondo me è una cosa che verrà relativamente facile sulle prime moto elettriche, grazie alla stampa 3D che permette di farlo ad un costo ragionevole. Oppure potresti scomporre le superfici del serbatoio che si regolano separatamente: lo allarghi, lo stringi, lo allunghi, lo abbassi. Secondo me la zona del serbatoio, della calzata, è una di quelle in cui ci saranno più evoluzioni in futuro”.

Il taglio nella carena che mostra il motore elettrico della MotoE
Il taglio nella carena che mostra il motore elettrico della MotoE (foto: Ducati)

Sensualità tecnica. Su tutti i modelli Ducati ci sono elementi che escono dalla carena e si mettono in mostra. Cosa siete riusciti a fare qui?
“Qui siamo riusciti a fare un paio di tagli sulla carena che lasciano intravedere le piastre di irrigidimento, tra le piastre portapedane e la batteria, poi il forcellone è in vista. È un forcellone bibraccio disegnato da noi che ti dice che stai guardando una Ducati perché è fratello del forcellone del Multistrada o del Monster. La moto è molto vestita per esigenze aerodinamiche però abbiamo deciso che il motore lo volevamo comunque in vista. Questa è stata una precisa scelta che abbiamo fatto. A noi non piace essere nostalgici. Abbiamo delle tradizioni: il telaio a traliccio, il forcellone monobraccio, ecc ecc. Però quando questi elementi iniziano a limitarti nella ricerca della performance, devi fare il passo avanti. Questa è una moto elettrica, il motore è elettrico e non è più il bicilindrico: se il motore è quello, facciamo vedere quello. Non ti devi vergognare, la Ducati è un’azienda tecnologica e fa vedere la tecnologia di quel momento. Quando hai un motore V2 fai vedere il tuo V2 orgogliosamente, quando fai il V4 fai vedere il V4, quando fai il motore elettrico fai vedere il motore elettrico. La regola è: devi essere orgoglioso della tua tecnologia. Per come siamo noi spesso è una tecnologia che funziona bene, che fa il suo mestiere, la tecnologia che funziona bene è anche bella e quindi la fai vedere con orgoglio”.

L’ergonomia della MotoE è la stessa della Superbike o è diversa?
“L’ergonomia è stata un po’ modificata, il pilota sta seduto un po’ più indietro per cercare di bilanciare la distribuzione dei pesi. L’ergonomia intesa come seduta e serbatoio è quella di una superbike o di una MotoGP, però il punto dove sta seduto il pilota è un po’ diverso. Eravamo partiti con una posizione del pilota più allungata per caricare più dietro, poi progressivamente durante i test l’hanno un po’ avvicinata”.

Alex De Angelis durante i test con la Ducati MotoE
Alex De Angelis durante i test con la Ducati MotoE (foto: Ducati)

Il suono, che è un elemento caratteristico delle vostre moto, che fine fa?
“Ovviamente il suono non ha niente a che vedere col nostro tipico suono di scarico. Però il suono della MotoE ha un suo fascino, come quello di un aereo, di un jet. Per cui non è perso del tutto, è molto diverso, si è evoluto. Una cosa che si perde del tutto, ahimè, è il rumore alla partenza. Quello è veramente un peccato. Durante la gara invece, il sibilo che hanno queste moto a me piace. Non l’hai perso, ma è diverso. E poi hai dei suoni nuovi: il rumore aerodinamico, quello dei freni durante le staccate, le gomme che fischiano. Quello che probabilmente le diverse aziende faranno è quello di sviluppare un sibilo caratteristico, che dipende molto dall’aerodinamica ma anche dal tipo di motore adottato. Quello potrebbe diventare un elemento distintivo tra le varie aziende. Il sibilo della nostra moto è generato dal motore e dagli ingranaggi della trasmissione, non ci piace tanto l’idea di un suono artificiale perché andrebbe contro l’essenzialità e autenticità che caratterizza le moto Ducati”.

Al via del progetto, avete fatto la gara interna tra i designer?
“No, questa volta no, stavolta abbiamo dato l’incarico ad Andrea Amato che si è poi guadagnato il titolo di Chief Designer avendo realizzato nello stesso anno questo progetto, il Monster e il Multistrada”.

Ultime domande: la livrea del prototipo è quella di un jet militare.
“L’idea era di fare una livrea mimetica 2.0. La moto è tutta in carbonio, quindi mettiamo il carbonio a vista come uno dei colori che ti danno il mimetismo. È una livrea che ricorda un po’ i jet con questi dettagli che riprendono il disegno delle schede elettroniche… ma in rosso perché siamo Ducati. Non è il rosso tradizionale Ducati ma è uno dei rossi Ducati, il rosso fluo che utilizziamo su alcuni nostri modelli”.

La livrea base del campionato sarà sviluppata da Ducati?
“Sì, me l’hanno presentata ma non è ancora sviluppata in dettaglio. La faremo noi in stretta collaborazione con Dorna. Poi i team avranno al loro parte libera per la personalizzazione e per gli sponsor”.

Foto: Ducati

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